venerdì 20 settembre 2013

Il predicatore dalle pistole tonanti...

Nel piattume che generalmente affonda i canali televisivi del Biscione (anche quelli Rai, a dirla tutta!) Retequattro di tanto in tanto si riscatta in seconda serata grazie alla riproposizione di qualche bel classico del Grande Schermo (o giù di lì). L'altra sera è toccato a questo ottimo Pale Rider - Il cavaliere pallido, western degli anni Ottanta in cui un ancora incerto Clint Eastwood dietro alla macchina da presa cerca di risollevare le sorti del genere (apparentemente morto e sepolto: ma il western è un archetipo e non morirà mai!) colorando di tinte fosche una storia che è di per sé quanto di più canonico e irregimentato: l'accampamento di un gruppo di «padellari» viene minacciato da un losco latifondista per mezzo di ripetuti assalti da parte dei suoi scagnozzi, quando uno strano predicatore che non disdegna la violenza - ed è abile con le sputafuoco - giunge dal nulla in soccorso dei cercatori d'oro. Con l'ausilio di una splendida fotografia e lavorando su una sceneggiatura dai numerosi punti lasciati in sospeso (la scena quando il giustiziere si spoglia e mostra le numerose cicatrici sulla schiena e la donna urla: «chi sei tu?», oppure il confronto con lo sceriffo-mercenario che solo in chiusura del logorante duello riesce a vedere il nostro eroe negli occhi rivolgendogli un lugubre «tuuuuuu!» prima di morire.) il vecchio Zio Clint, all'epoca ancora in splendida forma, rende credibile la vicenda con la sola forza della sua maschia inespressività facciale, coi suoi movimenti sornioni sempre tesi al massimo risparmio verbale, mettendo a segno una pellicola essenziale, epica ma senza fronzoli: il giusto laboratorio di ciò che nel ventennio a venire saprà regalarci con Gli spietati e Gran Torino. La lezione di Leone qui si stempera diluendosi forse maggiormente nei grandi del passato: Ford, Hawks e Stevens: numerosi infatti i richiami al mitico Shane - Il cavaliere della valle solitaria del 1953. Non c'è che dire: la storia del giustiziere senza nome che arriva da un passato misterioso non stanca mai. In fondo, è un archetipo anche questo.

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